Introduzione all'Archeoastronomia  
 
pagina generata il:
12 gennaio 2006
 
Ultimo aggiornamento di questa pagina:
Venerdì, 11-Nov-2022 18:51
 
testo di Franco  Ruggieri
disegni originali di Antonella Rotella
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L’Archeoastronomia studia i rapporti fra Archeologia e Astronomia.
Ricerca cioè utilizzando mezzi archeologici, o comunque di indagine del passato, le conoscenze astronomiche degli uomini antichi attraverso le loro applicazioni pratiche.
La raccolta di informazioni sui moti apparenti del sole, della luna, dei pianeti e delle stelle da parte dell’uomo ha avuto radici assai lontane che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, sembrano affondare nel Paleolitico superiore, almeno venticinquemila anni or sono.
Tutto ciò ha avuto, per l'uomo primitivo, un’importanza essenzialmente pratica: una delle applicazioni più spontanee, ma anche più importanti per la sua vita fu l’utilizzo di queste informazioni per la comprensione del concetto di tempo e la conseguente costruzione di un sistema di misure che permettesse di calcolare con sufficiente esattezza il succedersi delle stagioni e la durata dell’anno. Questa comprensione, che dal Neolitico fu ampiamente utilizzata in agricoltura, doveva essere già presente nel Paleolitico superiore per prevedere i tempi di maturazione dei frutti spontanei e le migrazioni stagionali degli animali di cui l'Uomo si cibava.

Il SOLE
Il primo “orologio” naturale fu il Sole che, con l’alternare periodi di luce a periodi di buio, fornì inizialmente il concetto di giorno e la distinzione tra giorno e notte.
Qualunque oggetto illuminato produce una zona d’ombra e non deve essere stato difficile al cacciatore del Paleolitico scoprire che, addormentatosi in una calda giornata estiva all’ombra di una roccia, si era destato dopo un certo tempo in pieno sole. La roccia certamente non s’era mossa, lui neanche, quindi l’unica cosa che avrebbe potuto cambiare posizione era proprio l’ombra.
Un’osservazione più accurata di questa, prolungata nel tempo di alcuni minuti e riferita ad un oggetto abbastanza alto, permetteva di notare l’effettivo progredire dell’ombra sul terreno col trascorrere del tempo.

Nasce da questa considerazione il primo strumento astronomico della preistoria: lo GNOMONE che, a dispetto del nome altisonante, è in origine un semplice bastone piantato verticalmente nel terreno in una zona sufficientemente libera da ingombri (grosse pietre, alberi, arbusti…) così da poterne notare l’ombra in tutta la sua possibile estensione ed in qualunque direzione sia proiettata.

All’alba, il bastone produce un’ombra lunga e sottile verso occidente. Nel corso della mattinata, mentre il sole si alza sull’orizzonte, l’ombra si accorcia sempre di più, ruotando lentamente da occidente verso nord.

A mezzogiorno (il mezzogiorno vero, non quello a cui ci hanno abituato i nostri orologi moderni) il sole ha raggiunto il punto più alto dell’orizzonte che è al tempo stesso anche il punto più meridionale. L’ombra si trova in quel momento al suo valore minimo come lunghezza e punta esattamente verso il nord astronomico.

Lo gnomone
   
     
l'ombra dello gnomone al mattino
poco dopo mezzogiorno
al pomeriggio
 
Nel corso del pomeriggio l’ombra riprende ad allungarsi, ruotando da nord verso oriente fino a raggiungere nuovamente la massima lunghezza al tramonto

Segnando opportunamente, con delle pietre o dei bastoncini piantati in terra, una divisione in parti più o meno uguali dell’arco proiettato dall’ombra della punta del bastone, è anche possibile dividere la lunghezza del giorno in periodi successivi che, almeno concettualmente, diventeranno poi le nostre ore. Incidentalmente tale sistema permetteva, e permette tuttora, di stabilire con sufficiente precisione i punti cardinali: con esattezza il nord (direzione dell’ombra al suo minimo giornaliero) e il sud (posizione del sole nello stesso momento); con una certa approssimazione l’oriente e l’occidente (punti dell’orizzonte dove rispettivamente sorge e tramonta il sole agli equinozi).

Ad un’epoca probabilmente più tarda, forse nel Neolitico e utilizzando uno gnomone stabile – ad esempio un menhir alto e appuntito – è da attribuirsi l’osservazione che il variare della lunghezza dell’ombra proiettata a mezzogiorno non era costante. Infatti raggiungeva la minima estensione al solstizio d’estate, la massima al solstizio d’inverno ed un valore medio in corrispondenza dei due equinozi, di primavera e d’autunno. Questo permetterà di valutare la lunghezza dell’anno – il periodo compreso fra due solstizi, di solito invernali – e poi dividere questo in stagioni.

determinazione delle ore
 
     
     

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