CAMPOCHIARO (CB), Tempio di Ercole
               
LOCALITA'
PROV.
Contrada
date rilievi
T.U.
satelliti
Campochiaro CB
Civitelle
17-04-05
09:07

5

Herculaneum?   

 29-10-06

 
 5+1
           
Oggetto:
Santuario Sannitico di Ercole    
Acqua:
pozzo?
               
Latitudine N Longitudine E
EPE
datazione 
date rilievi
almm
h.z

azimut

41° 26,364 14° 30,509
10 m

IV-II sec. a.C

17-04-05

810

n. r.

110°

41° 26' 22" 14° 30' 31"
9 m
 

 29-10-06

804
~ 15° ?
112°
Cultura/e

Sanniti Pentri

     
               

Rilievi effettuati da

       
17-04-05 Franco Ruggieri

UAN-SIA-FISA

17-04-05 Rita Napolitano UAN 
17-04-05 Massimo Caroelli FISA
17-04-05 Annalisa Virgili FISA
     
29-10-06 Franco Ruggieri

UAN-FISA

29-10-06 Rita Napolitano UAN 
29-10-06 Massimo Caroelli FISA
29-10-06 Gennaro di Biase UAN 
29-10-06 Stefania Iacobini UAN 
29-10-06 Carmen Perrella UAN 
29-10-06 Dario Castellano UAN 
Rilievo dell'azimut confrontato col disegno di Davide Monaco (vedi)
29-10-06 Ambrogio Di Renzo FISA
Fonte: http://xoomer.virgilio.it/davmonac/sanniti/smhercul.html
29-10-06 Maria Figini UAN   
e inoltre:    
29-10-06 Settimio Stallone Carlo Stallone Ada.Stallone Giusi Pignarosa  
     

Un importante santuario sannitico sorgeva in località Civitella, a sud dell'attuale abitato di Campochiaro, addossato al declivio del monte e a circa mt. 800 d'altitudine. Dominava la piana attraversata dalla strada Bovianum-Saepinum, distanti rispettivamente 5 ed 8 km. Il sito deve essere identificato con la località che compare sulla "Tabula Peutingeriana" a 6 miglia da Saepinum, con il nome di Hercul(is) Rani.
Abbiamo dunque un santuario di Ercole il cui nome era seguito da un aggettivo che ci è pervenuto nella forma "Rani", forse corrotta.
Potrebbe essere lo stesso epiteto della divinità che ci è noto a Sulmona nel santuario di Hercules Cannes, e in tal caso sarebbe da collegare con il nome del locale torrente Quirino, o Curino. Benché possibile, questa interpretazione non è tuttavia ancora suffragata da elementi positivi.
La documentazione archeologica dimostra che il santuario perdette ogni importanza e cadde in abbandono dopo la guerra sociale, per tutto il primo secolo d.C. Ciò è da mettere in connessione non tanto con le vicende della guerra sociale e con i danni che ne potettero derivare, quanto con la cessazione ufficiale del culto, fino a quel momento sostenuto dallo stato sannitico. Il riordinamento amministrativo del territorio, dopo la sua annessione allo stato romano, condusse al declassamento di tutti quegli insediamenti, compresi i santuari, ai quali non venne attribuita la costituzione municipale. Il culto che si praticava nel santuario, in quanto fonte di ricchezza (decime, donazioni) e oggetto di investimenti pubblici e privati per il potenziamento edilizio, dovette essere soppresso e trasferito nel municipio più vicino, a Bovianum, non diversamente da quanto avvenne per il più grande santuario di Pietrabbondante (pro fanatio dei sacra publica). Una ripresa di più modeste attività appare documentata sul luogo dai materiali archeologici a partire dal I secolo d.C., soprattutto dalla metà del secolo in poi con un particolare sviluppo nel III e nel IV secolo d.C., senza che tuttavia vi fosse alcun intervento edilizio.
Ciò giustifica la registrazione del sito sugli itinerari, e in particolare della sua mutatio sulla strada Bovianum-Saepinum in coincidenza con le diramazioni trasversali. Il curioso Herculis Rani è infatti il toponimo che il luogo manteneva o con qualche modificazione aveva assunto nel I secolo d.C., senza che ciò presupponga di fatto la riorganizzazione del culto in età imperiale. In questo periodo, dunque, l'area del santuario non era più sede di un importante culto di carattere pubblico, come in epoca sannitica.

Il santuario occupa un'area di forma quasi triangolare, ampia circa mt. 150x125, sostenuta da un muraglione in opera poligonale che, sul lato occidentale, prosegue a monte per alcune centinaia di metri in modo da impedire ogni accesso dall'alto. Il muro che delimita il lato orientale dell'area sacra, dove si doveva trovare l'ingresso principale, è formato con grossi blocchi poligonali lavorati con tecnica raffinata e con intento di decoro monumentale. E' stato scavato uno degli ingressi, sul lato occidentale, largo mt. 3,70 e coperto in origine da una volta costruita con conci di pietra. Uno dei blocchi è contrassegnato con la lettera H dell'alfabeto osco.
L'area triangolare delimitata dal recinto è divisa in due terrazze da uno stretto edificio a due navate che si estende per una lunghezza di oltre mt. 80, costruito in modo da raccordare con un prospetto architettonico il dislivello esistente tra la terrazza inferiore, quella orientale, e l'altra su cui si trovava il tempio. Si tratta probabilmente di un porticato costruito prima del tempio, che non ne rispetta l'orientamento. All'epoca della costruzione del tempio si dovranno attribuire forse le modifiche apportate a questo edificio per rinforzarne la stabilità. La terrazza orientale non è stata ancora scavata, mentre è stato messo in luce il basamento del tempio, sul ripiano superiore, e di alcuni edifici minori. Del tempio resta solamente la parte inferiore del basamento, che misura mt. 15,30 di larghezza e mt. 21,30 di lunghezza, a cui è da aggiungere un'ampia gradinata frontale di cui sono riconoscibili le fondazioni. Dinanzi alla gradinata sono i resti di una piattaforma, destinata a sostenere un'ara.
Il tempio ha un orientamento a est/sud-est, fortemente vincolato da esigenze rituali. Era prostilo, probabilmente tetrastilo, di ordine ionico, con decorazioni di terracotta applicate alle trabeazioni lignee e al tetto.
All'interno del basamento, al di sotto dell'originario piano di calpestio non più conservato, sono state scoperte due strutture di estremo interesse perché connesse con i riti di fondazione e di inaugurazione del tempio.

La prima si trova al centro della cella, ed è costituita da un agglomerato di malta e pietrisco largo cm. 80 ed alto cm. 60, con una cavità riempita di cenere; sparse intorno vi erano monete di bronzo posteriori alla metà del II secolo a.C. La seconda si trova al centro del pronao e consiste in un pozzo dal diametro di circa cm. 80, con le pareti di pietra murate a secco. Le caratteristiche costruttive indicano che esso non poté avere altra utilizzazione che quella di ricettacolo di offerte, certamente in occasione dell'inaugurazione (oppure della consacrazione) e forse anche successivamente in occasioni periodiche. L'edificio si data nella seconda metà del II secolo a.C., probabilmente intorno al decennio 130-120 a.C.
Ad esso e alle altre costruzioni innalzate o trasformate nello stesso periodo, quali il grande porticato, si devono riferire numerose tegole contrassegnate con nomi di magistrati, perché prodotte da officine pubbliche, che dimostrano come gli interventi edilizi fossero attuati a spese dello stato sannitico.
Il tempio insiste su un'area occupata precedentemente da altri edifici, di cui sono stati scoperti pochi resti. L'angolo nord-occidentale si sovrappone infatti a un portico, forse del III secolo a.C. che seguiva l'orientamento del muro occidentale del santuario. Se ne conosce l'ampiezza, di circa tre metri; del colonnato restano 4 basi con interasse di tre metri.
Dietro il tempio vi è un altro edificio minore (mt. 3,80x6,70 circa) di datazione incerta, ma comunque posteriore al portico, che venne infatti manomesso per innalzare la nuova costruzione. Privo di fondazioni e accostato al tempio, questo edificio non poteva svilupparsi molto in elevato. Al suo interno si sono trovati, raccolti in una fossa, materiali del III e del II secolo a.C.
Oggetti del tutto simili, ma in quantità maggiore, con presenza di frammenti architettonici, si sono rinvenuti in una fossa quadrangolare scavata nella breccia e rivestita di muri a secco presso il lato settentrionale del tempio. In ambedue i casi si tratta di materiale di pertinenza sacra, radunato e sepolto in occasione del nuovo assetto edilizio del santuario nella seconda metà del II secolo a.C.
Carattere molto diverso ha invece una deposizione di vasellame acromo e a vernice nera avvenuta intorno agli anni 250-225 a.C, in una fossa scavata nella ghiaia. Abbiamo in questo caso pochi tipi di vasi (contenitori di bevande e coppe) presenti in un elevato numero di esemplari, che costituiscono gli avanzi di una determinata cerimonia rituale celebrata da molte persone.
Tra i materiali rinvenuti nel santuario vi sono alcuni frammenti di statuette di Ercole e due frammenti di iscrizioni osche. Una di queste, per quanto mal ridotta, consente di riconoscere la dedica di una statua, "segunum", da parte di un personaggio, ùv(is) s[], in cui si può forse individuare il nome di Ovio Staio.

Fonte:  http://www.sanniti.info/smhercul.html

     
Alcune immagini dell'area templare, protetta da una tettoia. [Foto F.R.]
Ricostruzione assonometrica del tempio realizzata dall'Architetto Davide Monaco
Vista frontale [Foto F.R.]
Naos, in primo piano, e pronao con pozzo. [Foto F.R.]
Muro orientale di protezione del pomerio.  [Foto F.R.]
Il gruppo. [Foto F.R.] (ingrandisci)
     
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