La
peculiarità del sito di Rossano che ci ha colpito al primo impatto
è stata l'assenza di un vero edificio templare all'interno
dell'area sacra: ad una analisi più approfondita il sito sarebbe da collocarsi
nella tipologia del "témenos" ossia
quello che con termine greco si definisce recinto sacro: la peculiarità
di questo insediamento è appunto la presenza
in posizione centrale all'interno dell'area sacra delle sostruzini
di una grande ara probabilmente ad alzato
ligneo (quindi oggi perduto) che occupa buona parte del recinto ed è circondato
da dei canali aperti che canalizzavano l'acqua della sorgente, che sgorgava appunto direttamente nell'area
sacra, con un andamento simmetrico a cono rispetto all'asse longitudinale dell'altare. Il
sito è poi degno di grande nota, lo hanno studiato
D. ADAMESTEANU e LEJEUNE
, "Il santuario di Macchia di Rossano
di Vaglio" in <<Mem. Lincei>> S. VII, XVI, Fasc.
2: MCMLXXVIII, in cui si legge: "Il
santuario sannitico di Rufrae
, [......], non mostra soluzione di continuità tranne per il periodo
corrispondente alla guerra annibalica ,[......].Sorte simile
sembra aver avuto, in territorio il santuario della dea Mefitis di
Rossano del Vaglio, sorto nel IV sec. a.C. e
frequentato fino al I sec d.C." anche perché
appunto presenta una continuità d'uso quasi ininterrotta fino al I sec d.C. con la
conseguente e interessantissima stratificazione
di
interventi come quello greco caratterizzato dalla monumentalizzazione
dell'accesso all'area sacra e dalla distinzione delle diverse funzioni d'uso dei vari ambienti che lo caratterizzano."
Anche
l'intervento romano presenta interessanti peculiarità alla cui descrizione
però andrebbe premessa una cosa: l'intera
estensione del témenos è stata interessata
da un fenomeno importante di dilavamento dell'intero pianoro su cui
insiste l'area sacra che ha letteralmente invertito la pendenza, o
meglio il piano, di inclinazione della zona annullando tra l'altro l'effetto scenografico dei suddetti sgorghi di acqua
di sorgente fatti confluire nei canali aperti che attraversano
tuttora l'area sacra: il motivo di tale scoscendimento è dovuto all'interruzione
dell'irregimentazione di suddetta
sorgente dopo l'abbandono del sito nel I sec d.C.:
osservando però in dettaglio il muro in opera poligonale di epoca romana, caratterizzato da blocchi squadrati di roccia
tufacea, era visibile, a fronte di una apparente
solidarietà del basolato originario (dalla pendenza
marcatamente degradante) con il suddetto muro invece
in posizione perfettamente verticale, lateralmente un cuneo di sottofondazione
che correva lungo tutta la base del
muro e che annullava perfettamente l'inclinazione del piano d'appoggio.
La cosa che desta sospetti è che a fronte
di questo invece le altre murature presenti e perfettamente in situ seguivano esattamente la inclinazione del piano
originario con evidente distorsione delle verticali dei muri in accordo
con il fenomeno di cambio di pendenza sopra citato. Questo
genera tre possibili conseguenze :ipotesi A) che il
muro non sia in situ ma riposizionato
nei suoi blocchi costitutivi con un intervento che annulli la pendenza; ipotesi B) che il
muro sia in situ ma non sia romano in
quanto il fenomeno di cambiamento dell'orografia dovrebbe essere
avvenuto dopo l'abbandono del sito; ipotesi C) che il
fenomeno di cambiamento dell'orografia NON sia avvenuto
in età successiva all'abbandono del sito
ma in un età il cui "terminus
ante quem" è l'intervento sul sito
di età romana.
(post
su FISA)
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Il grande altare traverso,
da sud-ovest |